STUDENTI CON L’ACQUA, VIGILANTES CON LE JEEP

Due volti dei volontari Usa alla «frontera»  sul confine messicano

 

  DAL NOSTRO INVIATO TUCSON (Arizona) - Nel deserto il reverendo Robin Hoover porta barili d'acqua potabile, tutti i giorni all'alba. Carmen Mercer - di tanto in tanto - ci fa un giro in fuoristrada, aria condizionata al massimo, cappello di paglia in testa e calibro 38 alla cintola, scrutando preoccupata l'orizzonte. Non sono uno scherzo i 45 gradi all'ombra che infuriano in questi giorni sul confine tra gli Stati Uniti e il Messico, linea rovente tra il Nord e il Sud del mondo. Robin e Carmen cercano le stesse persone, disperate e allo stremo delle forze. Il primo vuole aiutarli a vivere, a non morire di sete; lei invece ha un binocolo in mano e la radio accesa per chiamare la pattuglia di confine, incaricata di riportarli oltrefrontiera. Che vivano, benissimo, basta che se ne tornino a casa loro. L'immigrazione clandestina dal Messico è tornata d'improvviso a occupare l'agenda della politica Usa, i pensieri e le preoccupazioni degli americani. È un gioco vecchio, ma che conviene a molti.

  Alla Casa Bianca, per riaprire un fronte di politica estera più popolare di quello mediorientale. Ai liberal che vogliono dimostrare come l'ondata conservatrice e xenofoba sia in fase di esaurimento. Ai politici messicani, che si affronteranno nelle elezioni presidenziali di domenica prossima, dove la cuestion migratoria pesa, e non poco. Con 11 milioni di immigrati illegali sul suolo americano e un flusso che non accenna a diminuire, è bastata una scintilla in un vecchio villaggio dell'Arizona per riaccendere il fuoco. A Tombstone vive la signora Mercer, e qui un ex batterista disoccupato, folgorato dall'11 settembre, Chris Simcox, ha fondato il movimento Minuteman, i guardiani della frontiera del profondo Sud che vogliono sostituire lo Stato incapace e latitante contro i clandestini. Milizie private e progetti altisonanti, come la costruzione di una barriera fai-da-te nel deserto, pressioni sul Congresso e lavorio porta a porta sul pericolo con baffi e sombrero.

  Tremila anime, Tombstone è a poche miglia dal confine, ma di Messico non c'è traccia, nemmeno uno degli onnipresenti taco fast-food che hanno invaso l'America a scapito degli hamburger. Qui, per ragioni turistiche, si preserva il vecchio West duro e puro. Famiglie arrivano a frotte per visitare saloon da Cinecittà, fare due chiacchiere con lo sceriffo, passeggiare sulla carrozza postale, comprare tazze con la faccia di John Wayne e alle 14, tutti i giorni, assistere alla ricostruzione della sparatoria dell'Ok Corral, che qui avvenne, quattro cowboy da una parte e quattro dall'altra. Ok Cafè è il nome del ristorante di Carmen Mercer, vecchietta terribile di Minuteman e viceleader del movimento. Un manifesto sulla porta ritrae il solito zio Sam con cilindro e dito puntato che dice «I want you!»: «Volontari cercansi per difendere le nostre frontiere, vieni con noi». Immigrata anche lei - è arrivata dalla Germania nel 1979 - la signora Mercer si scusa al telefono per essere in giro per «conferenze» e invita a cercare nelle fattorie della zona i suoi collaboratori. Tutti - chissà perché - portano un cognome ispanico. Si lamenta perché «alcuni vandali» hanno appena distrutto un pezzo della prima recinzione privata costruita da Minuteman sul confine, nel ranch dei fratelli Ladd. Spiega che il gruppo non è violento, intende torcere un capello ai clandestini. Vuole solo svegliare Washington dalla sua apatia. Riuscendoci, a quanto pare. Due riforme restrittive sull'immigrazione sono in discussione al Congresso e al Senato. Una cita la soluzione finale, un vero e proprio muro che dovrebbe nelle intenzioni correre lungo i 3.100 chilometri della frontiera, da oceano a oceano. Arizona inclusa, che da quando i controlli sono aumentati lungo il rio Bravo e in California, è diventata la meta preferita dei clandestini. In attesa che i legislatori si decidano, Bush ha deciso di mandare la Guardia nazionale a dare una mano alla polizia di frontiera. Ma tutto ciò, negli immensi spazi arsi dal sole e tra i giganteschi cactus Saguaro, appare di difficile realizzazione. La recinzione di Minuteman, lunga pochi chilometri, è una barriera di filo spinato alta un metro e mezzo. «Al massimo terrà lontane le temibili mucche messicane», ridacchia Jep, il benzinaio di Tombstone. Ancora più impietoso è il reverendo Robin: «Appena è iniziato il caldo, gli impavidi cowboys di Minuteman si sono stufati di lavorare sotto il sole. Che io sappia, a fare le spese della barriera sono stati solo cinque di loro, finiti all' ospedale per insolazione». Marketing puro, dice. Però le tv di tutta l'America fin qui ci sono venute.
  Con Robin Hoover, pastore della First Christian Church, attraversiamo in jeep un altro pezzo di deserto, partendo da Tucson, un corridoio dell'immigrazione tra due catene di montagne. La sua organizzazione umanitaria Humans Borders riempie tutti i giorni una cinquantina di cisterne di acqua in punti dove si presume arrivino a piedi i clandestini, stremati da due o tre giorni di cammino. L'individuazione dei punti è legata alla tragedia quotidiana della morte nel deserto. «Mappiamo la zona con un Gps, a partire dai posti dove vengono ritrovati i corpi, o soltanto le ossa, di quelli che non ce l' hanno fatta a finire la traversata», spiega il pastore. Solo in Arizona, uno dei quattro Stati di confine, perdono la vita 400 clandestini all'anno. Human Borders ha centinaia di volontari, spesso studenti di altri Stati. In questi giorni, il reverendo porta in giro 15 liceali del Minnesota. «Voglio che spieghino ai loro genitori la realtà e che a catena questo messaggio arrivi ai loro legislatori. L' America non è cresciuta grazie ai muri e ai fili spinati. Non è giusto cominciare adesso. E soprattutto non serve a nulla».

 

Rocco Cotroneo

 

Corriere della Sera di domenica 25 giugno 2006

 

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