A RAMALLAH UNA DONNA-SINDACO CRISTIANA: «NO ALLA MAFIA»

 

DAL NOSTRO INVIATO RAMALLAH (Cisgiordania) - Le lenti dei suoi occhiali sono spesse. I capelli bianchi. I modi lenti, misurati. Decisamente Janet Michael dimostra più dei suoi 63 anni. E non fa nulla per nasconderlo. Niente a che vedere con le rincorse all'eterna giovinezza dei politici occidentali. Eppure molti a Ramallah pensano che il suo successo venga da quest'aureola di posata maturità. «Sembra proprio ciò che è: un'insegnate di liceo in pensione. Semplice, senza pretese. Però concreta, la persona adatta per un momento difficile», dicono i suoi elettori. Soprattutto il candidato giusto per vincere la battaglia contro la corruzione imperante tra i ranghi del Fatah e l'amministrazione del governo di Abu Mazen. Lei aveva iniziato quasi per scommessa. «Ramallah è una città tradizionalmente laica. Sapevamo tutti che alle elezioni municipali la gente avrebbe scelto i fondamentalisti islamici di Hamas non perché folgorata dal messaggio di Allah. Ma piuttosto per protestare contro i metodi mafiosi, il sistema delle bustarelle ai politici, la polizia corrotta. Dunque ho creato una lista alternativa, "Ramallah per tutti". E ho vinto», racconta nel salotto di casa sua addobbato per il Natale. Una mosca bianca nel cuore della Palestina sempre più destabilizzata in attesa delle elezioni politiche previste per il 25 gennaio. Lei, donna, nubile, cristiana (è greca ortodossa), quarant'anni di lavoro nella scuola, l'altro ieri è stata nominata sindaco di questa cittadina considerata dalla sua gente «capitale temporanea» della Cisgiordania, in attesa di poter arrivare a Gerusalemme. Una rarità, anche perché alle elezioni municipali che hanno avuto luogo nei territori occupati negli ultimi mesi la parte del leone l'hanno fatta i candidati islamici. Hamas ha ora il controllo di 65 consigli municipali, tra cui quelli importanti di Nablus, Jenin, Qalqilya, El-Bireh, Beit Hanun, Rafah. I dirigenti del Fatah sono più che allarmati. Oltre il 55 per cento degli elettori ha scelto sindaci Hamas. Si sussurra che Abu Mazen abbia più volte parlato di dimissioni. Mentre a Gaza la sua polizia non controlla più nulla. Ieri un gruppo di uomini armati ha persino costretto alla chiusura per qualche ora del valico di confine con l'Egitto a Rafah. Janet Michael è preoccupata. «Temo che entro 10 o 15 anni i fondamentalisti possano condizionarci del tutto», ammette. Però ha una soluzione: «Integriamoli nel governo. Costringiamoli a responsabilizzarsi. Che, al posto di restare all'opposizione predicando la guerra santa, si occupino invece di amministrare le fogne, il traffico, di gestire le entrate fiscali e il rapporto con Israele. Vedrete che sono molto più pragmatici di quanto si creda e comunque si dividerebbero subito tra moderati e estremisti», aggiunte con un realismo disarmante. Come del resto è del tutto disincantato il suo programma per la gestione di Ramallah. «La nostra è la città dei territori occupati da Israele nel 1967 più aperta al mondo. Ci vivono circa 25.000 persone. Ma altre 30.000 sono emigrate all'estero negli ultimi 30 anni, specie negli Stati Uniti. Intendo valorizzare questo dato. Dobbiamo tenere vivi i contatti famigliari, facilitare i commerci, le comunicazioni via rete», aggiunge. Consapevole però dei limiti imposti dall' occupazione militare israeliana: «Occorre la pace, perché in questo momento ci stanno strangolando. Le nostre libertà di movimento sono minime. Io stessa negli ultimi 12 anni mi sono recata a Gerusalemme, 20 chilometri da qui, solo in una occasione per essere operata di cataratta. Non mi va ogni volta di essere umiliata da quei soldatini ai posti di blocco che potrebbero essere i miei studenti».

 

Lorenzo Cremonesi

 

Corriere della Sera di sabato 31 dicembre 2005


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