IN RICORDO DI CORETTA KING

 

Coretta Scott King, settantottenne, vedova di Martin Luther King Jr., e' morta la notte di lunedi' 30 gennaio. Dall'agosto del 2005, quando aveva avuto un infarto, la sua salute era cagionevole.

Cresciuta in una famiglia povera di contadini dell'Alabama, era riuscita a frequentare il Conservatorio di Boston, pagandosi gli studi con il lavoro di domestica, e fu a Boston che nel 1952 incontro' il giovane studente di filosofia che sarebbe divenuto suo marito l'anno successivo. Al loro primo appuntamento Martin le disse: "Le quattro cose che cerco in una moglie sono carattere, personalita', intelligenza e bellezza. E tu lei hai tutte".

"Martin, per molti aspetti, aveva delle idee piuttosto tradizionali sulle donne", racconto' Coretta al "New York Times Magazine" nel 1982, "Mi diceva: non ho scelta, devo farlo, ma tu non sei stata chiamata a farlo. Ed io rispondevo: Com'e' che non capisci? Sai bene che ho la stessa urgenza di agire che hai tu". Pure, il dottor King la descrisse sempre come una compagna nella sua missione per il cambiamento nonviolento, non semplicemente come una moglie comprensiva: "Mi piacerebbe dire, per soddisfare il mio ego maschile, che l'ho guidata lungo il sentiero", dichiaro' in un'intervista del 1967, "Ma devo invece dire che l'abbiamo

percorso insieme, perche' quando l'ho conosciuta era coinvolta e attiva quanto lo e' ora".

In effetti, gia' prima del matrimonio Coretta aveva messo in chiaro che come donna intendeva continuare ad appartenere a se stessa. Il padre di Martin, il reverendo King senior, rimase di stucco quando lei gli chiese di omettere dalla cerimonia nuziale (che lui avrebbe officiato) il voto di obbedienza della moglie al marito. Il reverendo era riluttante, ma dovette cedere. E quando nozze e festeggiamenti furono terminati, il novello sposo cadde addormentato in automobile, e fu sua moglie a mettersi al volante e a portare entrambi a casa.

L'assassinio del marito nel 1968 la lascio' con quattro bambini da allevare: Yolanda (nata nel 1955), Martin (1957), Dexter (1961) e Bernice (1963). Considerato anche che la cultura del movimento per i diritti civili era in gran parte dominata dagli uomini, Coretta non prese in esso il posto di guida che era stato del marito. Tuttavia continuo' a lottare, a tenere concerti per la pace, a raccogliere fondi per la sua gente, a cercare la verita' sulla morte di Martin. Riusci' a far istituire dal governo statunitense la ricorrenza nazionale in onore del marito, e creo' il "Centro per il cambiamento sociale nonviolento" ad Atlanta, dove il Martin Luther King e' sepolto.

Se dapprima poteva apparire come la vestale del messaggio di Martin, Coretta molto presto indico' autonomamente e con linguaggio proprio le cause per cui intendeva impegnarsi. Gia' il 19 giugno del 1968, in un comizio pubblico, ella parlo' non solo della visione del marito, ma della propria, che si allargava dal problema della discrimnazione razziale alla piu' vasta istanza

dei diritti umani a livello internazionale. Nel suo intervento chiamo' le donne americane ad "unirsi e a formare un solido blocco di potere femminile per combattere i tre grandi mali del razzismo, della poverta' e della guerra".

Entro' nel piu' noto gruppo femminista del paese, il "Now" (Organizzazione nazionale per le donne), e ne divenne una delle leader. Durante gli anni il Centro di Atlanta e' stato oggetto di parecchie controversie, e non sempre all'altezza della sua missione; dibattuto e' stato anche il sostegno che la famiglia King diede al (presunto) assassino di Martin, James Earl Ray, dapprima reo confesso e poi dichiaratosi innocente, che mori' nel 1998 prima di ottenere un nuovo processo. Queste polemiche non impedirono tuttavia che Coretta rimanesse sino all'ultimo molto amata, la figura simbolo di una donna che investita dalla tragedia non se ne lascia sconfiggere.

Per tutta la vita ripete' che il sogno nonviolento di Martin Luther King era anche il sogno di Coretta Scott King: "Ad un certo punto, sulla via, ci siamo incontrati".

 

Maria G. Di Rienzo

Il cammino della non violenza febbraio 2006

 

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