«CECENIA, E’ ORA DI ABBATTERE

IL MURO DI SILENZIO E OMERTA’»

È estremamente difficile per un osservatore neutrale superare le barriere impenetrabili che separano la Cecenia dal resto del mondo. Praticamente, non si conosce nemmeno il numero totale delle vittime. Secondo le stime delle organizzazioni non governative, la cifra va dai 100 mila (uno su dieci) ai 300 mila civili (uno su quattro). Il blackout delle informazioni imposto alla Cecenia impedisce una valutazione precisa degli effetti devastanti di un conflitto così spietato. Ma la censura non può comunque nascondere del tutto l'orrore. Sotto gli occhi del mondo intero è stata rasa al suolo una capitale, Grozny, con i suoi 400 mila abitanti, il primo caso dopo la distruzione di Varsavia operata da Hitler nel 1944. Una tale efferatezza non può essere giustificata come un' operazione anti-terrorismo, come insiste il Presidente russo Vladimir Putin. Le autorità militari russe affermano di dover lottare contro un gruppo che annovera dai 700 ai 2.000 combattenti; ma cosa sarebbe successo se gli inglesi avessero bombardato Belfast o se gli spagnoli avessero attaccato Bilbao, col pretesto di reprimere le rivolte rispettivamente dell'Ira o dell'Eta? Eppure il mondo intero rimane in silenzio di fronte al saccheggio di Grozny e di altre città e villaggi ceceni. Forse le donne, i bambini e tutti i civili che abitano questa regione sono meno degni di rispetto del resto dell'umanità? Sono considerati ancora degli esseri umani? Niente al mondo può scusare l'indifferenza dimostrata dal nostro tacere. In Cecenia c' è in gioco il nostro senso più elementare di moralità. Può il mondo accettare lo stupro di ragazze sequestrate dalle forze occupanti o dalle milizie? Dobbiamo tollerare l'infanticidio, o il rapimento di ragazzini torturati, mutilati, e rivenduti poi alle loro famiglie, vivi o morti? Non si può più dire «noi non ne sapevamo nulla». In Cecenia è a rischio il principio fondamentale che sta alla base della democrazia e dello Stato civile: il diritto alla vita, compresa la protezione degli innocenti, delle vedove e degli orfani. Gli accordi internazionali e la Carta delle Nazioni Unite, vanno rispettati in Cecenia come in qualsiasi altro Stato. Questa situazione mette a rischio la stessa lotta contro il terrorismo. Ormai tutti hanno capito che l'esercito russo si comporta come un gruppo di pompieri piromani, alimentando i focolai del terrorismo. Per quanto tempo ancora vogliamo ignorare il fatto che, sbandierando lo spettro del «terrorismo ceceno», il governo russo sta sopprimendo le libertà conquistate con la caduta dell'impero sovietico? La guerra cecena funge sia da maschera che da giustificazione per il ristabilimento di un potere centrale in Russia e impedisce alle istituzioni e alle autorità di combattere e limitare il Cremlino. Fermi nel rifiutare campagne coloniali e di sterminio, amando la Russia e convinti che essa possa fiorire in un futuro democratico, e poiché crediamo che il terrorismo, praticato indifferentemente da gruppi di ribelli o dagli eserciti, debba essere condannato, chiediamo che l'indifferenza sulla questione cecena finisca. Dobbiamo aiutare le autorità russe a liberarsi dalla trappola che loro stesse hanno teso e in cui sono cadute, mettendo a rischio non solo i ceceni e i russi, ma il mondo intero. Sarebbe davvero una tragedia se la questione cecena venisse messa da parte durante il vertice del G8 (in programma a San Pietroburgo nel giugno prossimo). La questione cecena e questa guerra orribile e interminabile devono diventare oggetto di discussione aperta per essere definitivamente affrontate in maniera pacifica.

André Glucksmann, Václav Havel, Prince Hassan bin Talal, Frederik Willem de Klerk, Mary Robinson, Yohei Sasakawa, Karel Schwarzenberg, George Soros e Desmond Tutu

(Traduzione a cura dell' Università Iulm)

Corriere della Sera di mercoledì 8 marzo 2006

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