UN'EPIDEMIA DI CAMORRA

La Campania ha fatto il record: con gli ultimi due, Boscoreale e Brusciano, sono saliti a 19 i Comuni sciolti negli ultimi anni per infiltrazioni della criminalità organizzata. Più che in tutto il resto della penisola (17) messo insieme. Non bastasse, per la prima volta in Italia perfino una Asl è stata sciolta perché infetta e un'altra potrebbe esserlo presto. Primati imbarazzanti, che rischiano di venire ulteriormente battuti: tolte quelle già sciolte, commissariate o nel mirino dei commissari che indagano sui rapporti tra politica e camorra, le amministrazioni municipali della provincia di Napoli esenti da sospetti e monitoraggi sono nove su novantadue. Meno di un decimo. Un trauma che riguarda tutti: a Boscoreale c'era un sindaco del centrosinistra, a Brusciano del centrodestra. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ma è fuori discussione che a essere più scossi, non solo perché la schiacciante vittoria alle regionali dell'anno scorso di Antonio Bassolino (quasi 62% dei voti) ha fatto della Campania che fu democristiana e gavianea e pomiciniana una delle regioni più rosse, sono i Ds e la Margherita. Ai quali appartenevano 7 dei 10 sindaci destituiti (compreso quello di Afragola, il paesone del governatore) da ottobre in poi. Quanto basta e avanza perché la Casa delle Libertà tuoni contro la deriva del bassolinismo. E perché, dal fronte opposto, salgano indignate urla: complotto! Il più brusco, con stupore di chi lo ricorda discutere con Mino Martinazzoli di «cavalli e cavallinità», è stato Ciriaco De Mita. Il quale, dopo lo scioglimento del Comune di Pozzuoli in mano alla Margherita, ha scavalcato il suo sindaco («C' è un'oscura regia») denunciando un «connubio tra fascisti e prefettura» fino ad avventurarsi nell'accusa al prefetto di aver fatto «pressioni illegittime» con «un atteggiamento camorristico». Se il prefetto Renato Profili abbia calcato la mano e se Beppe Pisanu abbia messo un po' di malizia nello sciogliere a ridosso delle «politiche» più Comuni in Campania che nella Sicilia cuffariana, come gridano i teorici della congiura, lo diranno le inchieste. Che già più volte hanno dato ragione a sindaci buttati fuori con ignominia e poi assolti. Se lo strappo di mostrine e galloni agli amministratori avrà conseguenze elettorali si vedrà. Certo è che quanto sta accadendo ha aperto dentro la sinistra un dibattito salutare. Che vede da una parte chi, come l'ex sindaco bassoliniano Riccardo Marone, tuona contro l'ondata di scioglimenti denunciando «una sorta di giustizia sommaria» tesa a coprire «il fallimento della giustizia penale che è sotto gli occhi di tutti». Dall' altra chi, come l'ex ministro degli Interni Giorgio Napolitano, non nega d'essere allarmato per l'infezione di tanti Comuni di sinistra: «Non credo che si sia fatto un uso politico dello scioglimento». Per non dire di chi, come il senatore ds Lorenzo Diana, confida amaro: «Il centrosinistra dovrebbe recitare il "mea culpa" su alcune leggerezze che ha commesso». Il nodo, come spiegano ad esempio il sociologo Amato Lamberti e lo storico Francesco Barbagallo sul Corriere del Mezzogiorno, tra i principali teatri del dibattito, è che il centrosinistra arrivato al potere ricco di speranze e buoni propositi ha preferito far finta per anni «che il problema fosse superato» e lo ha minimizzato consentendo alla camorra d'imporsi in molte aree come «il centro della società». Andando a incassare, al di là dei successi elettorali, degli sforzi di buona volontà troppo spesso delusi e delle scontate strumentalizzazioni di oggi, una sconfitta che brucia. E che non riguarda solo la sinistra, ma la politica. E l'intera società campana.

Gian Antonio Stella

 

Corriere della Sera di giovedì 2 febbraio 2006

 

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