Il telefono, la tua bolletta

Carlo Cambini

 

La liberalizzazione ha trasformato profondamente il settore delle telecomunicazioni, che oggi opera in regime di concorrenza, anche se imperfetta.
In attesa che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni renda pubblica la sua analisi di mercato e quindi ci dica se esistono eventuali problemi a cui porre rimedio, cerchiamo di valutare l’impatto che la liberalizzazione ha avuto dal 1998 a oggi sulle tariffe telefoniche e quindi sul consumatore. 

Un’analisi difficile

Effettuare tale analisi è assai arduo. I servizi sono molto differenziati tra loro (chiamate urbane, nazionali e internazionali, le chiamate fisso-mobile, accesso a internet), spesso le tariffe variano con le fascia oraria, e il dedalo delle offerte (con parti fisse o variabili, sconti, offerte speciali e quant’altro), soprattutto nella telefonia mobile, complica ulteriormente la situazione.
Possiamo però dire qualcosa di più preciso sui servizi voce tradizionali (telefonia fissa) e sui ricavi medi per abbonato nel caso della telefonia mobile. Sono i segmenti più tradizionali, ma forse quelli più delicati per valutare se e quanto i piccoli consumatori abbiano beneficiato dalla liberalizzazione.

L’andamento delle tariffe nel fisso…

In tabella 1 sono riportati i valori dei canoni mensili dal 1998 al 2003. (1)
Ne emerge che – a seguito del ribilanciamento tariffario (2) – i canoni medi sono aumentati di circa il 20 per cento in cinque anni, con un aumento in termini nominali del 44,2 per cento per il canone residenziale e del 13,8 per cento per quello affari (per il periodo 2000 – 2004).
Questo pesa soprattutto per le famiglie, per le quali il canone costituisce oggi in media circa il 40 per cento della spesa complessiva, mentre per l’utenza affari incide solo per circa il 18 per cento.
Il peso sempre più rilevante del canone è bene evidente anche nei ricavi di Telecom Italia: dal 2003 i ricavi fissi da canone (pari a 7.870 milioni di euro) hanno superato quelli da traffico (7.116 milioni di euro).
I costi variabili (per minuto) sono invece calati. I prezzi delle chiamate urbane (tabella 2) sono rimasti costanti in termini nominali e quindi si sono ridotti in termini reali, restando per altro sempre inferiori alla media Ue. Sia per le chiamate a lunga distanza (tabella 3) sia per quelle internazionali (tabella 4), i prezzi hanno avuto una consistente riduzione in termini nominali, pur restando in entrambi i casi ben al di sopra della media europea.
In media, quindi, la riduzione delle tariffe per il traffico voce in Italia è stata circa pari al 50 per cento, non distante peraltro dalla riduzione che hanno avuto le tariffe all’ingrosso (- 45 per cento circa) che gli operatori alternativi devono pagare a Telecom Italia per l’accesso alle sue reti.
 
…E nel mobile

Un discorso a parte merita il settore della telefonia mobile. Come già detto, i prezzi in questo settore sono particolarmente difficili da analizzare, stante i pochi dati a disposizione. In assenza di un vero e proprio prezzo di riferimento, si può usare come approssimazione il ricavo medio per abbonato (figura 1). Dai dati emerge come esso si sia ridotto nel tempo di circa il 50 per cento, ma anche come dal 2000 a oggi la discesa di questo valore si sia pressoché fermata.
Un tale andamento è legato all’esplosione nell’utilizzo del cellulare sia per le chiamate sia per i servizi dati (sms soprattutto) che ha permesso agli operatori di mantenere stabili i propri ricavi per abbonato. Proprio per il fatto che l’Italia è uno dei primi paesi europei per numero degli sms inviati, gli operatori mobili, invece di abbassare i prezzi unitari delle chiamate o guerreggiare su tariffe al minuto più basse, si sono concentrati sull’offerta di pacchetti di servizi sempre più articolati basati sulla possibilità di inviare centinaia di messaggi gratuiti a fronte di un costo fisso.
Il risultato è di rendere il sistema tariffario ancor meno trasparente di quanto poteva esserlo prima, ma questa è un’altra storia.

Dove sono i benefici per il consumatore

Se è vero che non si è qui tenuto conto delle molteplici offerte presenti oggi in Italia, è altresì vero che non si hanno dati certi circa il loro utilizzo nelle famiglie italiane. Quindi, la nostra analisi può considerarsi una proxy del consumatore medio italiano che non necessariamente utilizza offerte speciali.
Se in prima battuta ci si aspettava che la liberalizzazione avrebbe dato ai consumatori finali ampi benefici, forse è bene ricrederci, almeno in parte. Pur nei limiti dei dati disponibili, possiamo infatti concludere che i prezzi unitari dei servizi di telefonia si sono ridotti, ma l’aumento della spesa per il canone fisso è tale da assorbire buona parte di questi benefici.
Nelle stime effettuate da Eurostat ciò è evidenziato in modo significativo.
Considerando un paniere di spesa dei servizi telefonici in modo aggregato - fisso (canone + chiamate) + mobile, utenza residenziale e business -, si può osservare come dal gennaio 1996 al gennaio 2004 l’indice dei prezzi in Italia si è ridotto solamente di 10 punti percentuali in termini reali (si veda LINK BERARDI), molto meno di quanto si è verificato in Francia e Germania, paesi in cui il processo di liberalizzazione è partito allo stesso momento dell’Italia. E non solo: particolarmente preoccupante è il fatto che tale indice sia rimasto pressoché costante dal 2002 a oggi. Che ciò sia dovuto alla presenza di competitori più efficienti o a una regolazione più rigida di quella italiana è difficile da dire. Senza dubbio, ciò mostra che in Italia molto ancora si può e si deve fare per garantire maggiori benefici ai consumatori finali.


(1) Tutti i dati sono stati ripresi dai “Report on the implementation of the Telecommunications Regulatory Package” della Commissione europea pubblicati tra il 1999 e il 2004.

(2) In capo a Telecom Italia vi è l’obbligo di fornire il cosiddetto “servizio universale”, che consiste nell’assicurare l’accesso e l’erogazione di un livello minimo di servizi a tutti gli utenti che ne facciano richiesta, a un prezzo ragionevole e a prescindere dalla loro ubicazione geografica. Storicamente questi costi venivano coperti tramite sussidi incrociati, ossia praticando tariffe superiori ai costi per alcuni servizi (chiamate interurbane e internazionali) e tariffe più basse sui servizi di base. Questo poteva essere sostenibile con un solo operatore, ma con la liberalizzazione alcuni concorrenti sono entrati soprattutto ove i margini di guadagno erano più elevati, e il regolatore è allora dovuto intervenire, attuando il cosiddetto “ribilanciamento” tariffario che ha significato riallineare i prezzi ai costi dei singoli servizi, e anche aumentare il canone. Per maggiori dettagli si rimanda a Cambini, Ravazzi e Valletti, Il mercato delle telecomunicazioni, Il Mulino, 2003.


Appendici