I CITTADINI ALLE PRESE CON

L’ITALIA SANITARIA MULTICOLORE

 

Gli esempi parlano più di mille parole. Mi riferisco all’assetto della sanità italiana, o meglio delle sanità regionali, diventata una babele indescrivibile in cui è praticamente impossibile raccapezzarsi e altrettanto impossibile confrontare sistemi istituzionali e organizzativi che oramai si muovono nell’anarchia e nella frantumazione assolute.

Nel Veneto, non contenti del fallimento della proposta di istituire il cosiddetto Istituto oncologico veneto (Irccs), si sta cercando di brigare  per istituirne 3 (sì, tre): quale sia la ragione non è dato sapere. Nelle Marche (1.400.000 abitanti circa) esiste una sola Ulss regionale come in Provincia di Trento (350.000 ab. circa) e in Valle D’Aosta ( 110.000 ab. circa). In Lombardia si stanno trasformando gli Ospedali in Fondazioni aperte ai privati (essendo regolarmente in deficit, viene da pensare al bis della legge sulla privatizzazione degli enti lirici o magari a forme più sofisticate (?) di pubblicizzare le perdite e privatizzare i profitti). In Toscana sono state inventate le Società della Salute: che cosa siano nessuno lo sa, a cosa servono ancora meno, ma suonano talmente bene all’orecchio. Nel Lazio si cartolarizzano (in pratica un’operazione truffa: si ipotecano gli immobili per ottenere denaro liquido) le strutture sanitarie per pagare i debiti. In alcune Regioni di ipotizzano non meglio specificate e utili “aree vaste”. A tutto ciò vanno aggiunte le cosiddette Agenzie regionali per la protezione ambientale, quelle per i servizi sanitari regionali e, per chiudere in bellezza, le cosiddette Aziende integrate ospedaliero-universitarie. Insomma  si è cucinato uno spezzatino che ha ormai mandato a carte quarantotto la straordinaria intuizione della legge 833/78 di unire e rendere omogenea, attraverso l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, l’organizzazione del diritto alla tutela della salute.

Probabilmente in questo momento Stato e Regioni, sotto la spinta di categorie, corporazioni o di semplici ma influenti (per vari motivi) operatori, si sono già o si stanno attrezzando per dare ulteriore sfogo alla “sanità creativa”. 

A tutto questo, c’è da aggiungere che i ticket sono stati applicati (dove è successo) in modo completamente diverso da una Regione all’altra, per cui un cittadino di Milano paga per lo stesso farmaco il ticket che il cittadino di Bologna non paga, e via discorrendo.

La cosiddetta autonomia regionale, favorita da una infausta legislazione nazionale, in questi 10 anni si è trasformata in un tale Far West istituzionale, organizzativo, gestionale, che c’è da dubitare fortemente anche della possibilità di capire e documentare seriamente il costo dell’intero sistema sanitario nazionale.

Non è certamente una buona notizia per l’ignaro cittadino, ma così è e sembra anche difficile pensare ragionevolmente pensare ad una svolta in grado di raddrizzare la barca e rimetterla in rotta prima di un naufragio in cui contrariamente alle vecchie regole del mare il capitano (i governanti) non affonda con il proprio veliero ma ha tutta l’intenzione di salvarsi e di abbandonare questo, l’equipaggio e i passeggeri (il popolo) al loro tremendo destino, magari in sovrappiù ridendoci sopra.

 

Roberto Buttura

 

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