TICKET O NON TICKET

 

Ancora una volta in questa Italia da un tanto al chilo, i problemi attinenti alla tutela della salute, e non solo questi, non sono posti in termini corretti e quindi il nodo politico del contendere diventa, purtroppo, stucchevole e superficiale. Capita così che se qualcuno malauguratamente si pronuncia in favore dell’introduzione dei ticket sanitari rischia di passare per un “nemico del popolo” e chi invece ne propugna l’abolizione diventa per decreto (di chi non si sa) un illuminato progressista.

In questo quadro scalcinato, non stupisce quindi che tale Michele Mangano, segretario nazionale della Cgil, organizzazione con la quale si può essere in disaccordo ma comunque attrezzata politicamente e culturalmente, nel presentare uno studio del CER, Centro Studi Europa, sull’economia, abbia dichiarato “L’indagine condotta dal CER dimostra che l’adozione dei ticket non è stata una vera determinante della rallentamento della spesa”, attardandosi anche a esercitarsi sulle differenze tra regione e regione (naturalmente le regioni che non hanno i ticket hanno ottenuto risultati di finanza pubblica migliori delle altre).

A tale proposito va detto che non se ne può più di sentire classificare il Servizio Sanitario Nazionale come uno spezzatino molto digeribile se governato dal centro sinistra, indigesto per non dir di peggio se dal centro destra. Proprio la vicenda allucinante dei ticket a macchia di leopardo dovrebbe chiudere finalmente la lunga stagione di un federalismo sgangherato, il cui unico risultato è stato di eliminare/impedire la cultura e la pratica del “controllo”, unica e vera discriminante tra le funzioni pubbliche e quelle private.

Ma l’assunto inaccettabile riguarda la teoria del ticket come ristoro a bilanci sanitari traballanti. Far finta di non sapere che esiste una certa tradizione di consumismo sanitario che incide negativamente sulla funzionalità del servizio sanitario pubblico, è cosa veramente deplorevole. Il dibattito su questo tema risale agli anni ’80 e, nonostante tutto, l’unico vero deterrente all’abuso dei servizi sanitari è stato individuato nel far pagare un ticket per determinate prestazioni con le dovute esenzioni, modificate a seconda delle esperienze e sensibilità dei governanti.

I ticket, leggeri e applicati su tutto il territorio nazionale, hanno solo il compito prezioso di ricordare all’operatore sanitario e al cittadino che quelli che vengono spesi sono soldi di tutti e proprio per questo bisogna spenderli bene.

Chi è convinto sostenitore di questa tesi, come il sottoscritto, non si addentra nemmeno nella diatriba speculare tra centro destra e centro sinistra sull’importanza o meno del ticket come ulteriore modo per poter finanziare i servizi sanitari pubblici.

Perché non è questo il nocciolo della questione e prima i due schieramenti lo capiscono, meglio è per il funzionamento dei servizi competenti all’attuazione del diritto alla tutela della salute.   

    

Roberto Buttura

 

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