in margine alle elezioni

PASSIONE CIVILE O POSTO DI LAVORO?

 

Ogni rinnovo elettorale rappresenta una straordinaria cuccagna per gli “opinionisti”, cioè per coloro che per campare cambiano spesso opinione e vengono pure pagati, un po’ come un campionato europeo o mondiale la rappresenta per un “commentatore tecnico” generalmente arruolato tra gli ex allenatori che hanno sempre faticato a salvare la propria squadra dalla retrocessione.

Impegnati, gli “opinionisti”, ad opinare sui massimi sistemi (Castelli ci è o ci fa, Casini è stato aiutato dallo Spirito santo o ha sbrigato tutto da solo nel mettere incinta la sua fidanzata, Bondi ha un cervello o si accontenta di quello di Silvio, è stato il centro sinistra ad andare troppo al centro o è stato il centro destra a spostarsi troppo a destra, ecc., ecc., ecc.), temi terribili - riconosciamolo – da far tremare i polsi nel doverli approfondire, impegnate le eminenze grigie della politica a far quadrare i conti scaturiti dai risultati elettorali, pochi discutono e molti allargano le braccia sconsolati sul fatto che, nonostante il cosiddetto bipolarismo, l’esercito delle liste elettorali e dei relativi candidati cresce a vista d’occhio.

In molte città e province il fenomeno procura addirittura dissapori familiari che scaturiscono dalla difficoltà di sbrigare il traffico tra un fratello candidato nella lista tale, il cognato nella tal’altra, il nipote nell’altra ancora.

Pensate, a volte la moltitudine delle liste determina il rapporto d’un candidato ogni 50 elettori, ci sono candidati che hanno preso talmente sul serio il bipolarismo che è indifferente per loro correre per una lista o per l’altra – tanto tutti vegetali o giù di lì sono -, per uno schieramento o per l’altro – tanto dicono tutti le stesse cose. Un conoscente mi ha dichiarato, candidamente è proprio il caso di dirlo, che si è candidato in uno schieramento perché gliel’ha domandato per primo.

Un dato sembra connotare quasi tutti: l’assoluta voglia di negare qualsiasi sia pur lontana militanza o appartenenza politica propria o dei familiari e la determinazione nel negare di possedere alcuna idea. La politica è considerata peggio che bestemmiare in chiesa, un programma amministrativo o di governo una fanfaluca per gonzi e pur di prendere qualche voto si buttano in piazza cose private.

Cos’è allora che muove moltitudini di persone che disprezzano la politica e che scendono in campo in quanto rappresentanti della cosiddetta società civile, quella che molte volte fino ai quaranta cinquant’anni ha pensato agli affari propri e improvvisamente vorrebbe pensare a quelli di tutti?

Un’ideuzza – piccola però, appena sussurrata – potrebbe essere rappresentata dalle discrete indennità (dai 1000 ai 2000 euro netti mensili, più di uno stipendio di un impiegato amministrativo) che oggi sono riconosciute per legge ai consiglieri provinciali e ai consiglieri comunali di città e province di media grandezza e corrispondentemente a quelle dei sindaci, degli assessori, ecc. dei comuni più piccini.

Perché schiere di sindaci impediti dalla legge a correre per la terza volta avrebbero altrimenti abbandonato i propri partiti e contribuito a far nascere liste cosiddette civiche, che hanno tutte fatto cilecca? Solo per contribuire alla crescita politica, sociale, civile della propria terra?

Vista in quest’ottica e non pensiamo di essere lontano dal vero, la candidatura in una lista elettorale assume in sostanza le caratteristiche del concorso per un posto di lavoro o per il suo rinnovo a cui tutti nel corso della vita abbiamo partecipato.  

Dicevamo allora: tentar non nuoce e magari se va dritta sono a posto.

Non sarà la stessa riflessione che oggi fa il candidato alle elezioni, sicuro peraltro che una lista o l’altra gli assicura di potervi partecipare (e magari di vincere)?

E la passione civile? La passione cosa?

 

Roberto Buttura

 

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