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Prendiamo una Regione come il Veneto, ritenuta da molti all’avanguardia nell’organizzazione e nella gestione del servizio sanitario pubblico, e confrontiamola con le notizie pubblicate dai giornali. Chi ci capisce qualcosa è bravo!

Le prime foglie che cadono portano con sé una notizia: la Regione del Veneto stipula un protocollo d’intesa con il Comando regionale della Guardia di Finanza. Lo scopo: innalzare il livello di controllo sulla principale fonte di spesa regionale. C’è da restarci secchi. Dopo aver legiferato per anni, con la scusa dell’autonomia e del federalismo, eliminando tutti gli organismi regionali e locali competenti al controllo degli atti pubblici (ad esempio i Comitati regionali di controllo) e rinunciando quindi alla funzione – il controllo appunto – che determina in modo chiaro il discrimine tra la cosa pubblica e quella privata, improvvisamente i reggitori della cosa pubblica veneta decidono di inventare un’intesa con una istituzione come la Guardia di Finanza di cui si è francamente impossibile capire le ragioni. Certamente non può essere la lotta allo spreco, come si è sussurrato. La spesa per l’organizzazione e la gestione del servizio pubblico ascende alle responsabilità dirette delle amministrazioni regionali, che, nel quadro della legislazione nazionale, hanno il compito politico di decidere come meglio strutturare e organizzare i servizi sanitari. Imbrogliare le carte in tavola, cercando di far avvalorare la tesi che il problema è rappresentato dai furbie furbetti che si annidano negli ospedali e sul territorio, rende un pessimo servizio all’autorevolezza e credibilità delle Istituzioni.

Tra gli altri, si può fare un piccolo esempio sullo spreco e sulla cattiva gestione. Sull’Ospedale di Malcesine in provincia di Verona, da anni sottoposto allo sfoglio della margherita (si apre, si chiude, si apre, ecc…), responsabili del governo nazionale e regionale si stanno esponendo con molta disinvoltura ad una figuraccia. Incalzati dalle proteste degli utenti, si sono rimangiati a parole la decisione di chiuderlo, inventando la vendita regionale dell’immobile all’Inail il quale a sua volta lo affitta nuovamente alla Regione. Allo stato attuale l’operazione non è perfezionata e può essere capita l’ira di chi – utenti, ecc. – si sente preso in giro. Ma è francamente sbagliato incalzare gli allegri esponenti nazionali e regionali sul loro terreno, un po’ come chi ha rinfaccia a Berlusconi hai visto che non hai calato le tasse?, canzonandoli con avete visto che non siete capaci di vendere l’ospedale all’Inail per poi pagargli l’affitto? L’unica vera domanda che va fatta è: l’ospedale serve o non serve? Se l’Ospedale serve va mantenuto e riorganizzato se si ravvisa l’importanza e la necessità, senza bisogno di procedere a operazioni strampalate e ridicole. Se non serve, va chiuso. Questo piccolo esempio chiarisce il problema dello spreco, quello vero.

Altre notizie, in questo autunno riguardano la sanità ingolfata da liste d’attesa sempre più lunghe, gli ospedali pubblici assediati dalle troppe visite private, gli ospedali con le degenze gonfiate per evitare la chiusura, i medici che non tradiscono la sanità pubblica e scelgono l’esclusività di rapporto (che prevede il diritto – si badi bene il diritto, non la possibilità – di esercitare la libera professione privata intramoenia).

E’ ben difficile per un cittadino che conduce una vita normale attento alle proprie attività ma anche a quanto gli succede attorno capire cosa sta succedendo. Una cosa è certa: con una confusione del genere il livello della fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche cala e contemporaneamente si alza, nel bisogno, la paura di non essere curato nel migliore dei modi e il ricorso, in presenza di fenomeni come quelli delle liste d’attesa immotivatamente troppo lunghe, al “si salvi chi può”, che impedisce tra l’altro di capirne l’ampiezza e le cause. In questo modo la possibilità di porre in atto azioni legislative, normative e gestionali correttive viene completamente vanificata a tutto danno della sanità pubblica e della sua capacità di risposta efficiente ed efficace al bisogno di salute della popolazione.

Ma il nodo vero, purtroppo, rimane il solito: la mediocrità di una classe dirigente cinica e improvvisata, accuratamente sprovvista di un minimo di passione civile, indispensabile per chi vuole occuparsi dei problemi di tutti.

 

Roberto Buttura

 

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